Paul Vidal de la Blache

gigatos | Giugno 1, 2023

Riassunto

Paul Marie Joseph Vidal de La Blache, nato il 22 gennaio 1845 a Pézenas (Hérault) e morto il 5 aprile 1918 a Tamaris-sur-Mer (Var), è stato un famoso geografo francese. Insieme al suo discepolo Lucien Gallois, diede vita agli Annales de géographie, fondamento del rinnovamento della geografia francese alla fine del XIX secolo.

Giovani e istruzione

Paul Vidal de La Blache era figlio di Antoine Vidal de La Blache (1810-1876), un insegnante laborioso che superò l’agrégation in letteratura all’undicesimo tentativo (1854) e divenne ispettore scolastico nel 1864, e di Jeanne Marie Jaquette Bar, nata il 5 ottobre 1815 a Bram. Fu uno studente brillante al Lycée Charlemagne ed entrò all’École normale supérieure nel 1863 all’età di 18 anni. Nel 1866 supera l’agrégation in storia e geografia e nel 1866-1867 è supplente al Lycée de Carcassonne. Nominato all’École française d’Athènes dal 1867 al 1870, approfitta di questo incarico per viaggiare nel bacino del Mediterraneo, visitando l’Italia, la Palestina e l’Egitto, dove assiste con entusiasmo all’inaugurazione del Canale di Suez nel 1869.

Uno storico diventato geografo

Fu proprio viaggiando in Grecia e cercando di capire l’impatto dei luoghi sul destino delle civiltà che Vidal de La Blache scoprì la sua strada di geografo.

Al suo ritorno in Francia, insegnò ad Angers. Nel 1870 sposò Laure Mondot, dalla quale ebbe cinque figli, di cui solo due gli sopravvissero. Si trova a Parigi all’inizio del 1871, durante la Comune, e il 22 aprile viaggia da Parigi a Versailles con un falso passaporto brasiliano. Lo presenta alla Sorbona nel 1872 e lo pubblica con il titolo Hérode Atticus. Nonostante le circostanze difficili, ottenne infine il dottorato in lettere. Uno studio critico sulla sua vita. Questa tesi prelude a una svolta nella sua carriera verso la geografia, una disciplina universitaria che in Francia era ancora di secondaria importanza, ma che sotto la sua guida avrebbe conosciuto un notevole sviluppo.

L’apostolo della geografia universitaria e scolastica in Francia

Dopo la sconfitta della Prussia, in Francia nacque un movimento per sviluppare lo studio e l’insegnamento della geografia all’università e nel sistema scolastico. La geografia aveva ricevuto pochissimo sostegno nel XIX secolo ed era ancora agli inizi rispetto al successo ottenuto in Germania. I geografi dell’altra sponda del Reno, Alexander von Humboldt, Ritter, Ratzel e Von Richthofen, furono i modelli invidiati che servirono da esempio per il rinnovamento della geografia francese a livello universitario, come parte della riconquista scientifica nazionale. Quanto a Élisée Reclus, di quindici anni più anziano e il più famoso geografo francese della seconda metà dell’Ottocento, era per molti versi l’antitesi di Vidal de La Blache: Come anarchico, si pose deliberatamente al di fuori di ogni istituzione accademica (fu tuttavia membro di molte società dotte), visse bandito (1872-1879) e poi espatriato (1879-1890) in Svizzera e poi in Belgio (1894-1905), preferì rivolgersi direttamente al grande pubblico, non difese alcun obiettivo nazionalista o canone disciplinare e non aveva alcuna intenzione di essere un “maestro” che facesse “scuola”.

Luogo simbolico per eccellenza – la sua creazione fu il risultato del trasferimento dell’Università di Strasburgo, città annessa dal Secondo Reich – l’Università di Nancy accolse il giovane ricercatore che aveva lottato per entrare nella professione di insegnante, prima come docente nel 1872.

Giudicato troppo giovane, vi impartì lezioni, ma divenne professore solo nel 1875, all’età di 30 anni, ricoprendo una cattedra di geografia che era stata “liberata”, su sua richiesta, dalla tradizionale associazione con la Storia.

Da quel momento in poi, come apostolo di questa disciplina nei circoli accademici, Vidal divenne gradualmente un “must”. La sua immensa influenza continuò negli anni Sessanta attraverso la scuola che contribuì a fondare. Docente e poi vicedirettore dell’École Normale Supérieure di rue d’Ulm (1877-1898), professore alla Sorbona (1898-1909), insegnante diretto di numerosi storici (Lucien Febvre, ecc.) e geografi all’École Normale Supérieure (Marcel Dubois, Lucien Gallois, Emmanuel de Martonne, Albert Demangeon, Raoul Blanchard, ecc.), editore di materiali didattici – tra cui alcuni libri sulla storia del mondo – e autore di numerosi libri sull’argomento. Nel corso della sua vita ha pubblicato un gran numero di opere e articoli che ancora oggi sono utilizzati come riferimenti dai ricercatori.

Collaborò anche a diverse riviste, tra cui la Revue critique dal 1874 al 1876, la Revue de géographie e la Revue scientifique.

Gli Annali di Geografia e la Geografia Universale

Nel 1891, insieme a Marcel Dubois e Lucien Gallois, Vidal fondò la rivista Annales de géographie, la principale pubblicazione dell’École française de géographie. Nel 1894 pubblicò il monumentale Atlas d’histoire et de géographie, una delle prime opere che consisteva principalmente in mappe accompagnate da brevi commenti sintetici. Seguì nel 1903 il suo famoso Tableau de la géographie de la France. Questo servì come introduzione all’Histoire de France di Lavisse, un volume che ebbe un grande impatto sull’opinione pubblica. Nel 1895 si separò dal suo allievo Marcel Dubois, sostenitore della geografia coloniale e oppositore di una geografia regionale troppo naturalistica: da quel momento in poi si creò una certa rivalità all’interno della comunità dei geografi francesi, fomentata dall’impegno anti-Dreyfus di Dubois, anche se il comune attaccamento al “maestro” Vidal fu un fattore generale.

Nel 1910 Vidal elaborò anche il progetto della Géographie universelle, i cui primi volumi furono pronti nel 1914, ma che fu pubblicata dopo la sua morte per più di 20 anni – dal 1927 al 1948 – da diversi suoi discepoli, redattori scelti da lui e che beneficiarono delle cattedre universitarie create in tutto il Paese dal maestro: Albert Demangeon, Raoul Blanchard, André Cholley, Henri Baulig ed Emmanuel de Martonne. Emmanuel de Martonne, il suo più fervente allievo e genero, fu il suo più efficace propagandista fino alla sua morte nel 1955.

Dopo alcuni anni di lavoro accademico, nel 1917 pubblicò La France de l’Est (Lorraine-Alsace), un’opera ovviamente influenzata dal conflitto che dal 1914 opponeva la Francia al vincitore del 1870. Egli sostiene l’idea di un’organizzazione regionale attorno alle grandi città, sottolineando il ruolo di Nancy e Strasburgo come centri di attività. Accanto a questa visione moderna dei flussi e della polarizzazione, in quest’ultimo libro fa rivivere anche alcuni valori politici, notando l’ascendente esercitato dall’ideale repubblicano sull’Alsazia e sulla Lorena al tempo della Rivoluzione, che trasformò i loro abitanti in una nazione elettiva di tipo francese.

Geografi al servizio della nazione in guerra

L’ultima missione offerta a Vidal dal Servizio Geografico dell’Esercito consisteva nell’invitare il direttore della Scuola Francese di Geografia ad avvalersi dell’aiuto di accademici (tra cui Martonne, Demangeon, Gallois, ecc.) per sostenere lo sforzo bellico o preparare una documentazione che anticipasse le conseguenze della vittoria. Nel febbraio 1917, Briand istituì la Commissione di studio del Ministero degli Affari Esteri, presieduta da Lavisse e assistita da Vidal de La Blache, che questa volta riunì l’élite degli storici e dei geografi del Collège de France e della Sorbona. Le relazioni presentate aprirono la strada al lavoro dei geografi – Martonne in primis – che sarebbero stati in prima linea alla conferenza di pace per decidere, sulla base della loro riconosciuta competenza, la nuova carta dell’Europa politica.

Soldi di sangue

Vidal de La Blache morì all’età di 73 anni nell’aprile del 1918, pagando un prezzo altissimo per un conflitto mondiale che non avrebbe mai visto fino in fondo: suo figlio Joseph, geografo come lui, era stato ucciso nel gennaio del 1915 nelle Argonne.

Vero e proprio manifesto che ha richiesto ben dieci anni di lavoro e che ha consegnato con tre anni di ritardo, il “Tableau” è una sintesi del metodo di lavoro di Vidal. Viaggiò in lungo e in largo per il Paese, annotando tutto ciò che osservava in decine di taccuini. Si interessò agli aspetti umani e politici, alla geologia (una scienza allora agli albori, poco legata alla geografia), ai trasporti e alla storia. Fu uno dei primi geografi francesi, dopo Élisée Reclus, a collegare tutti questi campi in modo letterario.

Influenzato dal pensiero tedesco, in particolare da Friedrich Ratzel, che conobbe in Germania, Vidal fu all’origine di quello che Lucien Febvre chiamò il suo possibilismo – un termine che Vidal non pronunciò mai, ma che riassume opportunamente la sua opposizione al determinismo della natura eccessivamente attribuito a certi geografi del XIX secolo come Carl Ritter. Questo concetto è stato utilizzato dagli storici per evocare la vaghezza epistemologica che, per loro, caratterizzava l’approccio della scuola vidaliana. Definito “idiografico” perché nasceva da un’osservazione, indubbiamente magistrale ma unica, questo approccio precludeva uno sviluppo “nomotetico” della disciplina, frutto di una sperimentazione che permettesse di individuare leggi o dimostrazioni scientifiche.

Vidal, che non aveva mai avuto questo obiettivo in mente, pubblicò comunque un articolo visionario su “Le regioni francesi” nel 1910. Il Presidente del Consiglio Aristide Briand gli aveva chiesto di creare raggruppamenti regionali con organi rappresentativi. Vidal de La Blache propose di dividere la Francia in regioni organizzate intorno a una metropoli. Le realtà economiche del mondo moderno, con la concorrenza globale e il restringimento della Terra a causa dell’accelerazione della circolazione, gli fecero intuire la necessità di promuovere modalità di organizzazione meno centralizzate e meno statali.

La geografia di Vidal si basava su una cartografia varia e innovativa che utilizzava una varietà di scale, monografie e una serie di concetti famosi, tra cui “paesaggi”, “ambienti”, “regioni”, “stili di vita” e “densità”. I suoi studenti ne seguirono l’esempio, in particolare con le loro tesi sulla geografia regionale. Ad esempio, De Martonne ( Demangeon (1905), La plaine picarde : Picardie. Artois. Cambrésis. Beauvaisis. Studio geografico delle pianure gessose della Francia settentrionale; Blanchard ( Cholley ( Baulig (1928), Le plateau central et sa bordure méditerranéenne: étude morphologique, Ognuno di questi futuri eminenti professori e redattori della Géographie Universelle presentava una tesi di geografia regionale, che poteva essere fisica, umana o anche economica; la cornice scelta per queste descrizioni era una regione i cui contorni non erano sempre molto definiti dal punto di vista scientifico. Tuttavia, senza dubbio perché questo approccio era più strutturante, molti dei successori di Vidal – e ancor più de Martonne – si specializzarono in una geomorfologia che divenne gradualmente la forza, ma anche la debolezza della geografia francese, a causa del restringimento della sua prospettiva.

Tra le due guerre, la “geografia classica” rimase nel quadro della tradizione vidaliana. Era difesa da un’élite consolidata e conservatrice che emarginava tutti i tentativi di rinnovamento epistemologico, tanto che alla fine della seconda guerra mondiale la disciplina si trovava nello stato in cui Vidal l’aveva lasciata alla sua morte. I discepoli si erano limitati a un aspetto particolare del pensiero del maestro e non erano riusciti a coglierne la complessità e l’abbondanza, con il risultato che il campo della disciplina si era ristretto. Nella ricerca e negli studi universitari è emersa una trilogia immutabile: geografia fisica (Martonne, Baulig), geografia regionale (Blanchard, Cholley) e geografia umana (Brunhes, Demangeon, Sorre), suddivisa su scala minore, in ordine di frequenza e importanza, in geomorfologia, poi geografia rurale, regionale e infine tematica.

Naturalista, monografa, morfologa, letteraria e didattica, la geografia classica, con la rivoluzione degli anni ’60 e ’70 e l’affermarsi degli studi urbani, industriali e geopolitici, ha subito un rapido rinnovamento attraverso la sua radicale trasformazione in scienza sociale, che ha portato alla riscoperta del contemporaneo anti-istituzionale di Vidal de La Blache, Élisée Reclus.

Vidal-Lablache fa ancora parte dell’immaginario collettivo francese grazie alla collezione di carte murali scolastiche che ha curato per la libreria Armand Colin. L’editore mantenne il nome Vidal-Lablache su tutte le mappe pubblicate fino agli anni Sessanta. Poiché queste mappe si trovavano praticamente in tutte le scuole francesi, hanno contribuito a creare la reputazione postuma di Vidal-Lablache presso il grande pubblico e a costituire un “luogo della memoria”.

In occasione del centenario della morte di Paul Vidal de la Blache, sono state organizzate e sono disponibili diverse mostre e risorse documentarie su Vidal e i vidaliani:

1. una mostra materiale, dal 3 dicembre 2018 al 31 gennaio 2019, presso l’ENS di Ulm;

2. due mostre virtuali riccamente illustrate: una sul sito web dell’ENS, collegata alla mostra precedente; l’altra sul sito web della biblioteca digitale della biblioteca interuniversitaria della Sorbona (BIS), dedicata a un’analisi dettagliata dei quaderni di campo di Vidal;

3. una versione digitale ad alta risoluzione di ciascuno dei 33 taccuini di campo di Vidal durante la sua carriera scientifica.

Vedi anche:

Collegamenti esterni

Fonti

  1. Paul Vidal de La Blache
  2. Paul Vidal de la Blache
  3. Jusqu’en 1944, il n’y a pas en France d’agrégation spécifique pour la géographie. L’agrégation d’histoire et géographie, créée en 1831, met l’accent sur l’histoire. En 1866, après avoir assuré trois sujets d’histoire de six heures, Vidal compose un devoir secondaire de quatre heures de géographie historique comparée.
  4. ^ Preston E. James & Geoffrey J. Martin. All Possible Worlds: A History of Geographical Ideas, Second Edition, p.194.
  5. ^ “Paul Vidal de la Blache – A biographical sketch by Jason Hilkovitch & Max Fulkerson”. Archived from the original on 2006-09-09. Retrieved 2006-09-23.
  6. ^ Nicolas Ginsburger, « Des îles grecques à la géographie coloniale : Marcel Dubois à la conquête de la Sorbonne (1876-1895) », Cybergeo : European Journal of Geography [En ligne], Epistémologie, Histoire de la Géographie, Didactique, document 822, mis en ligne le 15 juin 2017, consulté le 22 mai 2018. URL : http://journals.openedition.org/cybergeo/28368; Nicolas Ginsburger, « La Belle Époque d’un géographe colonial : Marcel Dubois, universitaire et figure publique, entre Affaire Dreyfus et Entente cordiale (1894-1905) », Cybergeo : European Journal of Geography [En ligne], Epistémologie, Histoire de la Géographie, Didactique, document 855, mis en ligne le 16 mai 2018, consulté le 22 mai 2018. URL : http://journals.openedition.org/cybergeo/29138
  7. ^ Fonti biografiche: Numa Broc, Regards sur la géographie française de la Renaissance à nos jours., Presses universitaires de Perpignan, 1995. Paul Claval, André-Louis Sanguin, La Géographie française à l’époque classique (1918-1968), Paris, L’Harmattan, 1996. Marie-Claire Robic, Le Tableau de la géographie de la France de Paul Vidal de La Blache. Dans le labyrinthe des formes, Paris, Comité des travaux historiques et scientifiques, 2000
  8. Numa Broc, Regards sur la géographie française de la Renaissance à nos jours., Presses universitaires de Perpignan, 1995.
  9. a b D. Fliedner: Sozialgeographie (=Lehrbuch der allgemeinen Geographie). Walter de Gruyter, Berlin 1993, S. 37.
  10. a b J. Maier, R. Paesler, K. Ruppert, F. Schaffer: Sozialgeographie (=Das geographische Seminar). Westermann, Braunschweig 1977, S. 13.
  11. H. Beck: Große Geographen. Pioniere, Außenseiter, Gelehrte. Berlin 1982, S. 301.
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